ALLE ORIGINI DEL VINO
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Archeologia
in
Armenia - cantina vinicola di 6mila anni fa
Nella
stesso antro in cui era stata rinvenuta la più
antica calzatura al mondo, un gruppo di archeologi ha scoperto la più
antica
cantina per la produzione di vino finora conosciuta.
Un
torchio
per il vino e un recipiente per la fermentazione scoperti durante gli
scavi.
Fonte:
Gregory Areshian
Una
cantina vecchia di 6000 anni. La scoperta è di un
gruppo di archeologi impegnato in uno scavo in
Armenia, finanziato anche dalla National Geographic Society. Le stesse
popolazioni preistoriche che vivevano in quella che oggi è l'Armenia,
avevano
avviato una produzione vinicola all'interno di una caverna in
prossimità di un sito funerario, forse un rito dedicato ai defunti e
che probabilmente,
credono gli archeologi, veniva effettuato a piedi nudi.
Nella
medesima
grotta in cui è stata rinvenuta una scarpa
in pelle eccezionalmente conservata, risalente a
5mila 500 anni fa, gli archeologi hanno scoperto una pressa per
l'uva,
alcuni recipienti per la fermentazione e la conservazione del vino,
diverse
coppe e persino resti di graspe, semi e bucce.
La
presenza di questi
resti era stata individuata già nel
2007, quando presero il via gli scavi diretti da Gregory
Areshian
della University of California di Los Angeles (UCLA), e dall'archeologo
armeno
Boris Gasparyan, nel complesso di grotte Areni-1. "Si tratta
della più antica e affidabile testimonianza di produzione vinicola - ha
affermato l'archeologo Gregory Areshian -. Per la prima volta
disponiamo di un
quadro archeologico completo, risalente a 6mila 100 anni fa, di questo
tipo di
attività".
Secondo
la ricerca,
pubblicata sulla rivista 'Journal of Archaeological Science', il vino
sarebbe
stato
custodito in giare e l'ambiente fresco
e asciutto della grotta avrebbe fatto il resto. Nel settembre 2010
gli
archeologi hanno completato lo scavo di quello che doveva essere un
tino,
profondo una sessantina di centimetri, sepolto accanto a un recipiente
di
argilla, lungo circa un metro, dai bordi alti, "manufatti che
indicherebbero - spiega Areshian -, che gli antichi vinificatori
dell'Età
del Rame avrebbero schiacciato l'uva in modo tradizionale, ossia con i
piedi.
Dal recipiente d'argilla il succo d'uva sarebbe poi defluito nel tino,
e lì
sarebbe stato lasciato a fermentare".
Per
verificare che la
vasca e le anfore custodissero effettivamente del vino, gli archeologi
hanno
sottoposto ad analisi chimiche dei frammenti di
ceramica, che il radiocarbonio ha datato fra il 4mila 100 e il 4mila
a.C., in
cerca di residui. Le analisi hanno rivelato tracce di malvidina, un
pigmento
vegetale appartenente alla famiglia dei flavonoidi a cui si deve in
gran parte
il colore rosso del vino. "La malvidina è il miglior indicatore chimico
a
noi noto della presenza di vino" ha aggiunto l'archeologo.
L'esperto
di vino
nell'antichità, Patrick E. McGovern, archeologo biomolecolare alla
University
of
Pennsylvania Museum di Philadelphia,
concorda sul fatto che il ritrovamento testimoni una produzione
vinicola. Un
elemento che avrebbe supportato maggiormente questa ipotesi sarebbe
stato il
ritrovamento di tracce di acido tartarico, un altro indicatore della
presenza
di vino: la malvidina, spiega lo studioso, è presente infatti anche in
altri
frutti dell'area, come la melagrana.
"Si
tratta di una
scoperta particolarmente significativa - spiega McGovern - perché
suggerisce
l'esistenza di una produzione vinicola su larga
scala, che a sua volta implica il fatto che la vite fosse già stata
domesticata. Questo perché la vite domestica (Vitis vinifera sativa),
produce
un maggior numero di grappoli rispetto a quella selvatica (Vitis
vinifera
silvestris), e quindi sono necessarie strutture più ampie per la loro
lavorazione". Secondo l'esperto, l'uva di Areni avrebbe avuto un gusto
simile a quello delle antiche varietà georgiane indicate come
'antenate' del
Pinot Nero.
"Probabilmente
-
ha affermato Gregory Areshian - alla base della produzione di
vino
era legata a
rituali in cui si beveva per onorare i
defunti. Attorno alle strutture per la produzione di vino sono state
rinvenute
una ventina di sepolture. C'era un cimitero, e la produzione di vino
nella
grotta era legato a questo aspetto rituale, non a caso attorno e
all'interno
delle sepolture sono state rinvenute coppe per bere. I prossimi scavi
ad Areni
saranno rivolti all'individuazione di ulteriori legami fra le sepolture
e la
produzione vinicola".
"La
coltivazione
della vite - ha concluso l'archeolgo - annuncia l'avvento di
nuove e
più sofisticate
forme di agricoltura. L'uomo ha dovuto
imparare il ciclo di crescita delle piante, ha dovuto capire quanta
acqua fosse
necessaria, come impedire che i funghi danneggiassero il raccolto, e
cosa fare
con gli insetti che vivono sui grappoli. La cantina getta
nuova luce
sulle prime fasi dell'orticultura, su come nacquero i primi frutteti e
vigneti”.
Winex, Museo del Vino, Firenze
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